Servirsi degli attimi
solo un episodio nella propria vita,
per ristabilire il senso dell’esistenza.
Immagino mondi possibili
e sequenze intermittenti
di casi, numeri e possibilità
e tutto quanto mi sembra futile,
una prosa strascicata,
intervallo durante il film,
riposo incongruo del cacciatore,
se non ci sono le nostre linee
che si incontrano,
si riconoscono
e si amano,
nel tripudio del piano orizzontale.
Squadernare il tavolo,
lo potrei fare,
coniare una nuova ellittica,
avvicinare le nostre distanze,
colmare le assenze e i vuoti delle nostre
due vite comuni e non comuni,
ritirarti nell’eremo della mia protezione,
ma non è così che le cose vanno,
non oggi,
non ora.
Adesso è il tempo di bere la coppa della vita,
rapidi,
sono le rotaie a separarci o a unirci,
me lo chiedo quando vengo da te e ne diparto,
porto di mare che è casa mia,
l’unica che può essere tale,
anche se non è ancora,
ma sarà,
prima che si faccia la sera.
E vada come vada,
partenze o arrivi,
ne è valsa la pena
consumare le suole delle scarpe,
Senza avere un secondo di tempo in più,
ci si bagna appena le labbra,
ma non si scorda il sorso d’ambrosia.
Ritrova la farfalla,
pigmenti e battiti,
fra la siepe di biancospino.
Stare accanto a te
è come vivere l’età dell’oro,
senza che vi sia una fine apparente,
ma sempre latente,
quando la tua bocca
si stacca dalla mia.
Cristallizzarti nel cielo delle stelle fisse,
rotante
creante una musica divina,
ma tu,
verde filo di abbagliante verità,
non ne hai bisogno,
sei già da tempo
più perfetta armonia
nel caos dei pensieri tuoi,
della volta lassù,
sopra la mia testa.